appunti dai campi

poscritto della biennale: conversazioni con un architetto: Voglio abbracciare questo edificio!…

la biennale architettura 2018: freespace

un pugno sul naso: Povera Wagner! Che cosa è successo?…

meglio porco che fascista: Può questo porco salvarci dai fascisti?…

L’incontro: scrivo un ‘racconto da camminare’ in un villaggio italiano…

la vita in campagna: i suoni

da Bologna a via Fani: visitiamo Bologna…

grande nave, piccoli sogni

Roma, il 21 gennaio, 1976: La prima visita a Roma…

al mare: L’Australia e i rifugiati…

c’era una volta: il fratello perduto, una storia vera…

alla ricerca del gerundio: come ho imparato l’italiano a Venezia…

di cibo e terra: scopro l’isola di Mazzorbo…

l’8,53: andare a scuola lungo il Canal Grande…

all the world’s futures: la Biennale Arte 2015…

cercare di non essere un turista a Venezia

andare in giro: Venezia senza mappa…

campo di San Pietro: il mio locale preferito a Venezia…

Le piazze a Venezia si chiamano ‘campi’, ci ricorda che una volta Venezia non era pavimentata, si camminava sulla terra e sull’erba. Nei campi si coltivava, si facevano pascolare gli animali, secondo Elisabetta Tiveron (Il quaderno degli Orti Veneziani). Come in altre città, l’agricoltura a Venezia era una necessità.

Ci sono giardini pubblici e privati ma credo che oggi ci sia solo un campo non pavimentato a Venezia, il campo di San Pietro sull’Isola di San Pietro, all’estremità occidentale della città. Qui c’è l’erba non falciata, ci sono alberi giovani e vecchi, cani inseguono bastoncini e panchine su cui sedersi and guardare. Anche ci sono un campanile pendente e una basilica, San Pietro di Castello, che era stata fino al 1807 la cattedrale del patriarcato di Venezia.

È in questo campo, una serrata a settembre, dopo aver visitato la Biennale Arte all’Arsenale, che inizio appunti dai campi: una raccolta di pensieri su Venezia, la lingua e altre cose italiane.

 

 

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